Roma, città eterna, accoglie nel cuore pulsante di Palazzo Bonaparte un’esposizione straordinaria: “MUNCH. Il grido interiore”. Un viaggio immersivo nell’universo emotivo e simbolico del maestro norvegese Edvard Munch, capace di trasformare il dolore, la malinconia e l’angoscia in arte pura. Dal 11 febbraio al 2 giugno 2025, la mostra offre un’occasione irripetibile per scoprire oltre 100 capolavori, prestati eccezionalmente dal MUNCH Museum di Oslo. Un percorso espositivo che racconta non solo l’artista, ma anche l’uomo, con le sue passioni, le sue sofferenze e la sua profonda introspezione.
Munch a Roma
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Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Munch è considerato il protagonista indiscusso dell’arte moderna, precursore dell’Espressionismo e interprete delle più profonde inquietudini dell’animo umano.
La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, racconta tutto il vissuto dell’artista attraverso 100 opere, tra cui trovi anche una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo, del 1895. La mostra ospita anche capolavori come La morte di Marat, la Notte stellata, Le ragazze sul ponte e Malinconia. L’esposizione è suddivisa in sette sezioni tematiche, ognuna delle quali affronta un aspetto della produzione di Munch. La luce soffusa delle sale e la disposizione delle opere creano un’atmosfera intima e accogliente, che ti permette di ammirare i capolavori dell’artista con consapevolezza, permettendoti di entrare in sintonia con il suo mondo interiore.
La bambina malata
La mostra di Munch a Roma inizia focalizzandosi sull’infanzia dell’artista, profondamente segnata da lutti e malattie. La madre e la sorella maggiore muoiono prematuramente di tubercolosi, eventi che segneranno profondamente la sua visione dell’esistenza. Nella prima sala espositiva trovi quindi opere come “La bambina malata”, dipinto struggente che ritrae la sorella Sophie sul letto di morte, con pennellate nervose e sfumature drammatiche che comunicano dolore e impotenza.
La morte al timone
Tra le opere più enigmatiche ed evocative di Edvard Munch, “La morte al timone” rappresenta un’allegoria potente della fragilità umana di fronte al destino. L’immagine di un uomo al timone di una nave, con la Morte stessa come compagna di viaggio, è un simbolo cupo e inquietante della nostra inevitabile transizione verso l’ignoto. Il mare scuro e minaccioso che circonda l’imbarcazione evoca un senso di pericolo imminente, mentre la figura centrale, avvolta in una luce irreale, sembra in bilico tra rassegnazione e terrore.
L’opera trasmette un senso di inquietudine profonda. Il timoniere, con lo sguardo fisso, sembra accettare il suo destino con una calma surreale, mentre la Morte, silenziosa e impassibile, veglia su di lui. I colori utilizzati da Munch, con sfumature fredde e taglienti, rafforzano il senso di solitudine e disperazione. Questo dipinto non è solo una rappresentazione della fine, ma anche un’esplorazione del viaggio stesso. Un viaggio che tutti noi siamo destinati a compiere, senza sapere cosa ci attende oltre l’orizzonte.
Munch, attraverso questa tela, affronta il tema della mortalità con una brutalità poetica. Il dipinto sembra sussurrare domande esistenziali: siamo veramente al comando della nostra vita, o la Morte guida silenziosamente il nostro cammino? La risposta non è chiara, ma il dipinto ci invita a riflettere sul significato della nostra esistenza e sulla sottile linea che separa la vita dalla fine.
La Madonna
L’amore, spesso tormentato e intriso di sofferenza, è un altro grande tema di Munch. La “Madonna”, di cui esistono cinque versioni, due delle quali esposte in una delle sale principali. La Madonna di Munch rappresenta la fusione tra erotismo e spiritualità: una donna sensuale, quasi in estasi, avvolta in un’aura eterea che suggerisce sia vita che morte. Concentrati sul viso malinconico, incorniciato da lunghi capelli neri, poi sposta l’attenzione alle braccia della donna che, abbandonate dietro la schiena, portano in primo piano il seno. Le forme della donna sono enfatizzate anche dalle pennellate nere dello sfondo, che nel complesso sembrano mescolare sacro e profano, facendo diventare questo simbolo religioso un’icona erotica, ma non volgare.
Il bacio
Tra le opere più intense e suggestive di Edvard Munch, “Il bacio” rappresenta un momento sospeso tra passione e dissolvenza dell’identità individuale. Il dipinto mostra due figure abbracciate, le cui sagome si fondono in un’ombra unica, indistinta, come se il confine tra l’uno e l’altro fosse svanito. Munch, con il suo stile inconfondibile, riesce a catturare l’essenza di un sentimento che va oltre il semplice gesto. L’amore come fusione, come annullamento del sé nell’altro.
Le pennellate morbide e vibranti creano un’atmosfera di intimità quasi soffocante, dove il mondo esterno sembra dissolversi attorno alla coppia. Lo sfondo, sfumato e senza dettagli definiti, contribuisce a questa sensazione di isolamento, come se i due amanti fossero sospesi in una dimensione propria, lontana dal tempo e dallo spazio. Il colore dominante, un caldo tono seppia, dona all’opera un’aura nostalgica, evocando il ricordo di un amore che, forse, è già destinato a svanire.
Ciò che colpisce maggiormente è il modo in cui Munch dipinge i volti dei due amanti: non si distinguono più, sono uniti in un’unica forma. Questo particolare suggerisce un’idea ambivalente dell’amore. Da un lato, la passione totale, dall’altro, il rischio della perdita dell’individualità, dell’annullamento del proprio io nell’altro. È un tema che Munch riprende spesso nelle sue opere, riflettendo le sue stesse esperienze di relazioni travagliate e il suo timore dell’abbandono.
“Il bacio” non è quindi solo un’ode alla passione, ma anche una riflessione sulla fragilità dell’amore e sulla tensione tra desiderio e paura, tra unione e perdita. Lo spettatore è invitato a interrogarsi: è questa la forma più pura dell’amore, o è un’illusione che ci spinge a perdere noi stessi nell’altro? Munch non offre risposte definitive, ma lascia spazio a un’emozione intensa, universale, che ognuno può interpretare secondo la propria esperienza.
L’urlo
Uno dei punti più discussi della mostra è l’assenza dell’iconico “L’Urlo”. Le tre versioni originali sono troppo fragili per essere trasportate, ma il percorso espositivo sopperisce a questa mancanza con una litografia dell’opera e con una serie di tele che ne evocano la stessa potenza emotiva.
“L’Urlo” è una delle opere più riconoscibili e sconvolgenti della storia dell’arte, simbolo universale dell’angoscia e dell’alienazione umana. Munch ne realizzò diverse versioni tra il 1893 e il 1910, ciascuna con variazioni cromatiche e tecniche che ne esaltano l’intensità espressiva. L’opera rappresenta una figura stilizzata con il volto contorto in un grido muto, immersa in un paesaggio distorto e carico di tensione emotiva. Le pennellate turbolente e il cielo infuocato creano un senso di panico e smarrimento, traducendo in immagini la paura esistenziale dell’artista.
La versione presente alla mostra di Palazzo Bonaparte è una litografia del 1895, una delle prime riproduzioni su carta dell’opera, che Munch stesso stampò in diverse copie per diffondere il suo messaggio. Sebbene non sia una delle tele originali, questa litografia conserva tutta la potenza simbolica del capolavoro, con le linee vibranti e l’espressione di terrore che hanno reso “L’Urlo” un’icona dell’arte moderna. La mostra propone un allestimento suggestivo che permette al visitatore di immergersi nelle atmosfere inquietanti dell’opera, accompagnandola con approfondimenti sul significato psicologico e sociale di questa immagine senza tempo.
La disperazione
Tra le opere più intense ed emblematiche di Munch, “La disperazione” rappresenta uno stato d’animo universale e senza tempo. Il dipinto, realizzato nel 1892, mostra un uomo con il volto contratto in un’espressione di angoscia, appoggiato su un ponte che si affaccia su un paesaggio cupo e inquietante. Lo sfondo, caratterizzato da un cielo infuocato, richiama immediatamente il più celebre “L’Urlo”, suggerendo che questa opera possa essere una sorta di preludio al suo capolavoro più noto.
L’uomo al centro della scena è una figura sola, chiusa nel proprio dolore interiore. Il suo volto non è chiaramente definito, quasi a voler sottolineare che la disperazione non ha un’identità precisa. Può appartenere a chiunque, a ciascuno di noi. La postura curva, le mani che si stringono a una ringhiera fredda e distante, e lo sguardo rivolto nel vuoto comunicano un senso di isolamento e smarrimento totale. Il ponte, elemento ricorrente nell’opera di Munch, simboleggia il passaggio, il confine tra il noto e l’ignoto, tra la stabilità e il caos interiore.
I colori utilizzati sono violenti, espressivi, carichi di emotività. Il rosso acceso del cielo si scontra con i toni più scuri del paesaggio e con la sagoma scura della figura umana, creando un contrasto che amplifica la tensione emotiva dell’opera. La pennellata è turbolenta, quasi nervosa, riflettendo lo stato d’animo tormentato del protagonista.
Con “La disperazione”, Munch cattura un momento di estrema vulnerabilità umana, un attimo in cui la mente è invasa da pensieri cupi e opprimenti. L’opera non racconta una storia specifica, ma lascia lo spettatore immerso in un’emozione pura, immediata, quasi fisica. Guardandola, si avverte il peso della solitudine, il senso di impotenza di fronte alla vastità dell’esistenza.
Quattro bambine a Åsgårdstrand
Uno dei dipinti più delicati e suggestivi di Edvard Munch è “Quattro bambine a Åsgårdstrand”, un’opera che cattura un istante di infanzia e spensieratezza con una sensibilità unica. Åsgårdstrand, luogo amato da Munch, diventa il palcoscenico di un’atmosfera quasi onirica, dove la luce soffusa e i colori delicati creano un’aura di pace e mistero.
Le figure delle bambine sono allineate in una disposizione quasi simmetrica, ma il loro sguardo assorto e il silenzio che avvolge la scena suggeriscono qualcosa di più profondo. Rappresenta sicuramente un momento di transizione tra l’infanzia e l’adolescenza, tra la leggerezza della giovinezza e il presagio di un futuro ignoto. Munch utilizza una tavolozza cromatica morbida, dominata da tonalità pastello, che conferiscono all’opera un senso di dolce malinconia. Il dipinto è anche un esempio della capacità di Munch di trasformare scene quotidiane in riflessioni universali sulla vita e sul tempo che scorre. Le quattro bambine non sono solo semplici soggetti ritratti in un paesaggio, ma diventano simboli di purezza e fragilità, elementi ricorrenti nell’arte munchiana.
Chi osserva “Quattro bambine a Åsgårdstrand” non può fare a meno di sentire un misto di nostalgia e dolcezza, come se guardasse indietro alla propria infanzia, a quei momenti di semplicità e meraviglia che, una volta trascorsi, rimangono solo nella memoria e nell’arte. L’opera diventa così un ponte tra il passato e il presente, tra l’età dell’innocenza e la consapevolezza dell’età adulta, tra il visibile e l’invisibile, lasciando il visitatore con un senso di profonda emozione e riflessione.
Malinconia
Un’opera emblematica di questa sezione è “Malinconia”, in cui un uomo solitario pensieroso siede accanto ad un mare calmo ma inquietante. Lo sguardo è perso nel vuoto, il senso di alienazione è palpabile: un ritratto perfetto della condizione umana di isolamento e struggimento interiore. La figura è dipinta infatti con colori scuri e cupi, che ne accentuano ulteriormente lo stato d’animo. La tavolozza cromatica, dominata da tonalità fredde e ombrose, accentua il senso di malinconia e introspezione. Munch riesce a trasmettere il peso emotivo del protagonista, evidenziando la solitudine esistenziale come un tema universale.
Munch a Roma. La morte nella stanza della malata
Tema ricorrente nell’opera di Munch, la morte è rappresentata con una forza emotiva straordinaria. “La morte nella stanza della malata” è un’opera corale in cui il dolore avvolge ogni figura presente, con volti scavati e posture che esprimono lutto e disperazione. La scena è soffocante, intrisa di un silenzio pesante che quasi si percepisce osservando il dipinto. Il centro dell’attenzione è la figura malata, che si staglia contro un fondo cupo, mentre le persone intorno a lei sono immerse nel dolore e nella rassegnazione. Il gioco di luci e ombre accentua il senso di angoscia e inevitabilità, rendendo l’opera un manifesto visivo della sofferenza umana. La pennellata di Munch è tesa, vibrante, carica di emotività, quasi come se volesse imprimere sulla tela il peso della perdita e della separazione.
L’artista e la sua modella
Uno dei dipinti più affascinanti e psicologicamente intensi di Munch è “L’Artista e la sua Modella”, un’opera che esplora il complesso rapporto tra l’artista e il soggetto ritratto, tra il creatore e la creazione. Il dipinto mostra Munch stesso, rappresentato in un atteggiamento enigmatico e quasi distante, mentre la modella, posta in primo piano, è avvolta da una luce soffusa che la rende eterea, quasi irreale.
Munch utilizza pennellate vibranti e colori contrastanti per accentuare il calore della pelle della modella, che si oppone alle tonalità più fredde dell’ambiente, suggerendo la fragilità dell’essere umano di fronte all’arte, ma anche il potere trasformativo dell’atto creativo. L’artista stesso appare quasi in ombra, come se il suo ruolo fosse secondario rispetto all’immagine che sta creando, un riflesso del suo stesso mondo interiore.
Il cielo stellato
Sebbene non così noto come L’urlo, Il cielo stellato rappresenta una riflessione profonda sull’esistenza, sul dolore e sull’infinito, temi ricorrenti nelle opere di Munch. In questo quadro, l’artista riesce a fondere la sua visione angosciosa dell’universo con una rappresentazione pittorica che esplora la solitudine e la fragilità della vita umana di fronte all’infinito.
L’uso dei colori è significativo nella creazione dell’atmosfera di ansia e turbamento. Munch impiega una tavolozza di colori accesi e contrastanti, con il blu profondo e il giallo vibrante delle stelle che si oppongono al buio della notte. Questi colori creano una tensione visiva, proprio come la tensione emotiva che l’artista vuole trasmettere.
Anche se l’opera fa parte di un ciclo di dipinti che esplorano temi di morte, sofferenza e solitudine, il cielo stellato di Munch non è un dipinto che si limita a raccontare il dolore in modo diretto. Esso va oltre, suggerendo la presenza di qualcosa di più grande e ineluttabile che sfida la comprensione.
In un contesto più ampio, Il cielo stellato di Munch può essere letto come una riflessione sulla condizione umana in un mondo moderno che è sempre più alienante e incomprensibile. Il contrasto tra la bellezza naturale dell’universo e l’incertezza dell’esistenza umana è un tema che affligge l’artista norvegese. Il cielo stellato, quindi, non è un rifugio o una fonte di speranza, ma un elemento che provoca una riflessione profonda sulla nostra piccolezza rispetto all’universo.
Munch a Roma. Le ragazze sul ponte
Un’opera di straordinaria intensità emotiva è “Ragazze sul ponte”, una delle tele più affascinanti di Munch. Il dipinto raffigura un gruppo di giovani donne vestite con abiti allegri su un ponte di legno, mentre il fiume scorre sotto di loro e il cielo si tinge di sfumature malinconiche. Il contrasto tra la staticità delle figure e il movimento della natura circostante genera una tensione sospesa, come se il tempo fosse cristallizzato in un momento di riflessione. I colori vibranti e le pennellate ondulate conferiscono alla scena un senso di inquietudine, mentre il ponte stesso diventa simbolo di transizione, di passaggio tra l’innocenza e l’ignoto dell’età adulta. C’è un senso di attesa, una dolce malinconia che pervade la scena, suggerendo la fragilità della giovinezza e l’inevitabile scorrere della vita. L’acqua riflette i contorni delle figure, come a voler sottolineare l’ambiguità tra realtà e sogno, tra memoria e presente. Munch, con questa opera, ti invita a interrogarti sul significato del tempo e sulla nostalgia di ciò che non potrà più tornare.
Perchè vedere la mostra di Munch a Roma, a Palazzo Bonaparte
Questa mostra non è solo un’esposizione di opere ma è un’immersione nella mente di un artista che ha saputo trasformare le proprie emozioni in immagini universali. Ogni pennellata di Munch vibra di energia, ogni colore grida sentimenti profondi.
Per chiunque voglia scoprire la vera essenza del genio norvegese, “MUNCH. Il grido interiore” è un appuntamento imperdibile. Una mostra che lascia un segno, che invita alla riflessione e che, soprattutto, ci ricorda che l’arte è il più potente strumento per dare voce alle nostre emozioni più intime.
Informazioni sui biglietti e sugli orari
L’accesso alla mostra di Munch a Roma è contingentato e la prenotazione, tramite il preacquisto del biglietto, è fortemente consigliata. È possibile acquistare i biglietti di ingresso anche in sede, ma l’ingresso alla mostra potrebbe comportare delle attese per rispettare le capienze di sicurezza delle sale.
Orario apertura
Dal lunedì al giovedì 9.00-19.30
venerdì, sabato e domenica 9.00-21.00
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Biglietti
Audioguida inclusa (ad eccezione dei biglietti Ridotto Gruppi e Ridotto Scuole)
Intero € 18,00 dal lunedì al venerdì
Intero € 20,00 sabato, domenica e festivi
Ridotto € 17,00 dal lunedì al venerdì
Ridotto € 19,00 sabato, domenica e festivi
Visita per famiglie
Dal lunedi al venerdi è possibile prenotare la visita guidata per bambini e adulti (circa 75 minuti), un viaggio tra le opere di Munch, per scoprire insieme come l’artista abbia saputo raccontare e descrivere emozioni e sentimenti, attraverso linee, colori, paesaggi e ritratti.
Età bambini consigliata: 4-12 anni
È obbligatoria la presenza di un adulto accompagnatore, che acquisti il biglietto e partecipi alla visita.
Per informazioni e prenotazioni chiama il numero + 39 06 87 15 111
Trovi Palazzo Bonaparte a Piazza Venezia 5, Roma
Marina
Ho avuto la grandissima occasione di partecipare all’apertura del Museo Munch di Oslo e di poter vedere da vicino uno dei suoi ‘Urli”:. Direi che questa mostra è un’ottima occasione per conoscere tante opere meno famose di questo grande artista: in casa io ho la riproduzione di una versione della Notte stellata,!
Annalisa Spinosa
Che quadro meraviglioso, la notte stellata!
Libera
Un buon motivo per organizzare un viaggio a Roma (se mai ce ne fosse bisogno). Effettivamente, non ho ancora mai visto mostre di Munch. Grazie del consiglio.
Eliana
Non sono una vera e propria fan di Munch ma apprezzo il fatto che Roma abbia dedicato una mostra così importante a questo particolare artista. Da visitare!
la zia ro
Quanta ansia nelle opere di Munch!! Ho visto l’urlo a Oslo, e in effetti somiglia molto a Disperazione. Che curioso. Bello quando le opere viaggiano in altre cittá! ❤️