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Coxoartrosi. La diagnosi non è una condanna

Tutto è iniziato lo scorso anno, a 45 anni compiuti. Non con un boato, non con un evento improvviso, ma con un sussurro sottile, quasi impercettibile. Un fastidio all’anca destra dopo una lunga camminata, un dolore leggero che sembrava volermi dire qualcosa. L’avevo ignorato, come si ignora un fastidio passeggero, convinta che fosse solo stanchezza o una posizione sbagliata. Ma il dolore non se ne andava. Anzi, peggiorava. Ogni mattina scendere dal letto diventava più difficile, ogni scalino sembrava più alto del precedente. Poi è arrivato il momento in cui ho dovuto ammetterlo: qualcosa non andava. Sono sempre stata una donna attiva. Ho amato viaggiare, camminare per ore nelle strade di città sconosciute, perdermi tra vicoli, sentieri, montagne. Il mio corpo mi aveva sempre accompagnata ovunque volessi andare, senza mai tradirmi. Fino a quel momento.

Coxoartrosi. La diagnosi non è una condanna

Ricordo ancora il giorno della diagnosi. Mi ero seduta davanti al medico, un uomo di mezza età con un sorriso rassicurante, sperando che mi dicesse qualcosa di semplice, qualcosa di risolvibile con un po’ di fisioterapia e qualche antinfiammatorio. Ma quando ha pronunciato quella parola,coxoartrosi, il mondo ha smesso di girare per un istante.

“È una forma di artrosi dell’anca”, ha spiegato con calma, indicando le lastre. “La cartilagine si è consumata, e le ossa sfregano tra loro. Questo è ciò che causa il dolore e la rigidità. Non si rigenera, ma possiamo gestirla.”

La mia mente ha smesso di ascoltare dopo le prime parole. Tutto ciò che sentivo era il ronzio nelle orecchie, il battito accelerato del cuore. Artrosi? Io? A 45 anni? Non ero troppo giovane per questo? Avevo sempre associato l’artrosi agli anziani, alle persone che si muovono lentamente con l’aiuto di un bastone. Non a me, che ancora inseguivo i treni all’ultimo minuto e ballavo nelle serate d’estate.

Cos’è la Coxoartrosi?

Nei giorni successivi ho fatto quello che chiunque avrebbe fatto. Ho cercato informazioni. La coxoartrosi, ho scoperto, è una patologia degenerativa che colpisce l’articolazione dell’anca. La cartilagine, che normalmente protegge le ossa e permette loro di muoversi senza attrito, si consuma progressivamente. Questo porta a dolore, rigidità e, nei casi più avanzati, difficoltà nei movimenti quotidiani.

Può essere causata da vari fattori: predisposizione genetica, sovraccarico articolare, traumi o semplicemente l’invecchiamento. A volte arriva senza un motivo preciso, senza una causa evidente. Nel mio caso, a quanto pare, c’è una predisposizione genetica.

L’idea che il mio corpo stesse cambiando, che qualcosa dentro di me si stesse logorando senza che potessi fermarlo, era difficile da accettare. Ma dovevo farlo. Dovevo capire come affrontarlo.

La rabbia e l’accettazione

Passai settimane in uno stato di negazione. Continuavo a comportarmi come se nulla fosse cambiato, come se la mia anca non mi urlasse contro ogni volta che facevo le scale o stavo troppo a lungo in piedi. Poi arrivò la rabbia. Rabbia verso il mio corpo, verso la mia genetica, verso il tempo che sembrava avermi giocato un brutto scherzo. Rabbia per tutto quello che temevo di perdere: le lunghe camminate in riva al mare, i viaggi zaino in spalla, le escursioni, le camminate frenetiche nelle città d’arte. 

Ma la rabbia non portava soluzioni. Così, poco a poco, ho iniziato ad accettare la mia nuova realtà.

Coxoartrosi. La diagnosi non è una condanna

 

Ho trovato un nuovo equilibrio

La coxoartrosi non significava la fine della mia libertà, ma richiedeva un cambiamento. Ho imparato a prendermi cura del mio corpo in modo diverso. Ho iniziato la fisioterapia, ho modificato la mia alimentazione per ridurre l’infiammazione, ho scoperto l’importanza della riabilitazione e dello yoga per mantenere la mobilità.

E soprattutto, ho capito che viaggiare non doveva essere un ricordo del passato. Dovevo solo farlo in modo diverso. Ho iniziato a scegliere destinazioni più adatte, a programmare pause durante le giornate di visita, a usare bastoni da trekking per alleggerire il carico sulle anche. Ho scoperto che esistono hotel con letti ergonomici, aeroporti con servizi di assistenza, musei che offrono sedute lungo il percorso.

Il primo viaggio con la coxoartrosi

Il primo viaggio dopo la diagnosi è stato il più difficile. Avevo paura. Paura che il dolore rovinasse l’esperienza, che non fossi più in grado di vivere l’avventura come prima. Ma decisi di partire comunque. Scelsi una meta che mi ha sempre trasmesso serenità: Ventotene.

Quell’isola, con il suo mare cristallino e le sue stradine strette, sembrava una sfida per la mia condizione. Sapevo che avrei dovuto fare i conti con qualche salita, con i ciottoli del centro storico, con le scale per raggiungere le spiagge. Ma mi ero preparata: avevo un piano, avevo con me tutto il necessario, e soprattutto, avevo deciso che non avrei lasciato che la mia condizione mi definisse.

Passeggiare per il porto, osservare le barche ondeggiare dolcemente sull’acqua, sentire il profumo di salsedine nell’aria… tutto era più intenso, più prezioso. Ogni piccolo spostamento era calcolato, ma non per questo meno emozionante. Ho scelto di esplorare l’isola in modo diverso, prendendomi il tempo di fermarmi a ogni angolo per riposare e godermi il panorama. Ho nuotato nelle acque limpide della Cala Nave, lasciando che il mare alleviasse il peso sulle mie anche. Ho scoperto che potevo ancora emozionarmi di fronte a un tramonto sulla scogliera, che potevo ancora perdermi in un luogo sconosciuto e ritrovarmi.

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Oggi so che la coxoartrosi fa parte della mia vita, ma non è la mia vita. Ho imparato a convivere con il dolore, a rispettare i limiti del mio corpo senza sentirmi meno forte. Ho capito che la bellezza del viaggio non sta nella distanza percorsa o nel numero di scalini saliti, ma nella capacità di meravigliarmi, di adattarmi, di continuare a esplorare il mondo con occhi nuovi.

Se c’è una cosa che questa esperienza mi ha insegnato, è che non dobbiamo mai smettere di cercare modi per realizzare i nostri sogni. Perché finché c’è voglia di partire, c’è sempre un cammino possibile. E il viaggio più bello è sempre quello che ci aspetta.

Ciao! Io sono Lisa, mamma on the road. Viaggiare per me è scoprire posti nuovi, girando e assaporando i profumi e le prelibatezze dei luoghi che visito. Che sia per un mese o per un week end le nostre tre valigie sono sempre pronte!

Annalisa@trevaligie.com

Comments:

  • 17 Marzo 2025

    Innanzi tutto ti faccio il mio in bocca al lupo!
    Purtroppo, anche se siamo ancora giovanissime (:D), i nostri corpi a volte se ne dimenticano…
    Anche a me sta succedendo, al mio compagno idem, i primi acciacchi arrivano implacabili, segue un momento di panico, ma poi bisogna farsi coraggio e guardare avanti, come stai facendo tu. Non saranno questi primi acciacchi a fermarci, ma nemmeno per sogno, noi siamo più forti e andiamo avanti, sempre on the road! 😉

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  • 18 Marzo 2025

    Ti capisco benissimo perché siamo più o meno coetanee ma soprattutto perché da qualche mese ho male a una spalla. Un dolore che non è insopportabile, ma che mi limita nei movimenti. Così ho scoperto di avere una tendinite che si è cronicizzata. La terapia con antidolorifici e cortisone non è servita, quindi ora aspetto l’appuntamento per l’ecografia, sperando di non dover ricorrere alla chirurgia… Ammetto di essere un po’ perché significa accettare il fatto che non posso più fare quello che facevo a vent’anni, quindi mi sa che anche io dovrò imparare a conviverci.

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  • 19 Marzo 2025

    Ti capisco benissimo, davvero. Piaccia o no, purtroppo il tempo passa per tutti… e non si diventa certo più giovani! Anche io ho dovuto fare i conti con un intervento complicato alla schiena qualche anno fa, e ogni tanto i postumi si fanno sentire .
    Ma sai cosa? Non si molla, mai. Si va avanti, magari con un po’ più di lentezza e consapevolezza, ma sempre a testa alta. La forza non è solo fisica, è soprattutto nello spirito — e quello non ce lo toglie nessuno.

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